Dal 2014 collaboro con la Cooperativa Sociale Onlus Hikikomori di Milano per aprire uno sguardo di riflessione e conoscenza sul fenomeno Hikikomori che si sta diffondendo anche in Italia, allo scopo di sensibilizzare sulla tematica e promuovere un’importante azione di prevenzione: nel maggio 2018 ho realizzato un progetto con sei ragazzi Hikikomori in terapia presso la Cooperativa, diretto dalla sociologa Valentina di Liberto.
Il fenomeno dell’autoreclusione o sindrome Hikikomori è una problematica che interessa soprattutto la fascia adolescenziale dai 14 ai 17 anni e può protrarsi fino all’età adulta.
Può iniziare con problemi relazionali, fobia scolare, fenomeni di bullismo, che pian piano portano il ragazzo al ritiro sociale. L’unico canale di comunicazione verso l’esterno diventano Internet e i Social Network.

I’m here, this is my life” è la mostra che ho dedicato al fenomeno degli Hikikomori: un viaggio visionario nell’autoreclusione, esplorando angoli di quelle stanze buie e silenziose, percorrendo spazi angusti e claustrofobici, cercando tracce di quelle vite non vissute tra libri, lenzuola, candele e una bambola abbandonata.
Sembra quasi di udire quelle grida annegate nel silenzio e ritrovare quei pezzi di vita sputati dal tempo, mentre il malessere e l’inquietudine si trovano disegnati su mura stanche, obsolete, lacerate a volte come ferite.
Il bianco e il
nero ricordano le luci e le ombre di quell’impervio terreno dove il corpo vive le sue ferite e le sue lacerazioni.

Hikikomori, il corpo negato (2017) è il cortometraggio che ho dedicato alla sindrome.